Per counseling si intende una relazione di aiuto tra un professionista ed un cliente. Già da una radice etimologica del termine si può avere un’idea a tal proposito:“Consulo-ere” = consolare, confortare, venire in aiuto, prendersi cura.
Il counseling nasce in ambito psicologico grazie al lavoro di May e Rogers (fine anni 30, primi anni 40) mentre da noi, in Italia, inizia ad avere una diffusione a partire dagli anni ’90.
Ma quale era stata l’intuizione di fondo che ha permesso tale diversificazione nel merito all’approccio classico della psicoterapia?
Rogers, si era accorto che il miglior modo per aiutare una persona in difficoltà fosse quello di far comprendere la situazione in sé, piuttosto che elargire consigli direttivi, mettendo in condizione la persona stessa di assumersi le sue decisioni e responsabilità.
In tal caso, il compito del counselor è quello di riconoscere ed alimentare le capacità personali, le risorse ed i maggiori punti di forza della persona, per metterla in condizione di affrontare l’unicità del problema che incontra.
Pertanto, il rapporto con il cliente non è volto alla risoluzione di particolari e specifici problemi, quanto all’esplorazione di quelle sottili aree di confine che possono presentarsi in ambito esistenziale, decisionale, sentimentale: ambiti dove non esistono manuali di supporto e nei quali il counselor può aiutare la persona a conoscersi meglio e rimettersi al centro della propria vita e delle proprie scelte.
Ecco quindi che si profila una netta distinzione tra il counseling e la consulenza.L’intervento di counseling è quindi un aiuto che ha alcune specificità:
Si focalizza sul problema o disagio esposto dal cliente, con tempi circoscritti mediamente in 5/6 incontri e regolato da un contratto tra il professionista ed il cliente ove sono stabiliti l’obiettivo, la metodologia che non è direttiva né prescrittiva, la durata, il calendario degli incontri ed i costi.
Il percorso di aiuto può essere in qualche modo riassunto attraverso tre fasi:
– Riconoscimento e definizione del problema da parte del cliente
– Chiarificazione e ridefinizione del problema
– Gestione del problema da parte del cliente, raggiungimento dell’obiettivo e ridefinizione di un eventuale proseguimento del percorso di Counseling
Il counselor opera nel BEN ESSERE (comprensivo anche del MIGLIOR ESSERE e del NON MAL ESSERE).
E’ diretto a persone che affrontano momenti di difficoltà ma non portatori/portatrici di conclamata sintomatologia di sofferenza psicologica.
non è quindi una relazione di psicoterapia che invece opera nel MAL ESSERE.
Tali aree hanno ragione di esistere anche per la natura stessa della formazione di entrambe le figure in quanto delle persone che hanno dei disagi psichici importanti (tra i quali possiamo prendere ad esempio il disadattamento, il panico, la dipendenza, eccessiva ansia e depressione) occorre un percorso rivolto al profondo che può durare anche vari anni.
In tali casi, comunque il counselor può offrire un contributo affiancando la figura dello psicoterapeuta.
Il Counseling in Psicosintesi
Compito del counselor psicosintetico è considerare il problema del cliente come facente parte del cammino della persona verso l’evoluzione.
Le istanze che si presentano e generano confusione possono provenire anche “dall’alto”: Assagioli, il fondatore della psicosintesi, si rese conto che le persone reprimono anche gli impulsi elevati come l’intuizione, l’altruismo, l’ispirazione creativa, l’amore e la gioia.
I problemi non sono semplici eventi da eliminare, ma piuttosto indici di una nascosta spinta al benessere. Quando il counselor collabora con l’inevitabile, considerando il problema del cliente come un momento di crescita, ciò rivoluziona il contesto del counseling.
Non si tratta, allora, di procedere verso il ritorno alla condizione precedente la crisi: il cammino proposto dal counseling psicosintetico è riconoscere il momento di crescita per dare un senso evolutivo alle difficoltà dell’individuo.
Il counselor psicosintetico guarda il suo cliente attraverso occhiali bifocali: la visione che gli si presenta è quella di un cliente che ha delle difficoltà ma che, contemporaneamente, è una persona con un “Sé” che ha uno scopo nella vita e sta percorrendo un cammino di sviluppo.
Il cliente è ben più del suo problema.
Il counselor psicosintetista accompagna il cliente a scoprire o a ricontattare l’esperienza di quel centro immutabile da cui gli eventi possono essere osservati con reale lucidità:
Si propone dunque come accompagnatore in un viaggio che già conosce, un viaggio sperimentato su di sé. Questo non significa che il counselor conosca i contenuti del viaggio: essi sono sempre diversi perché acquistano una diversa risonanza a seconda dell’esistenza (il cliente) nei quali si presentano. Accompagnare significa avere fiducia nelle risorse del cliente e creare un’atmosfera di amore e accoglienza che permetterà l’instaurarsi di una relazione veramente umana.
‘psicosintesi’ è il termine usato per brevità in luogo del più lungo, ma completo, ‘biopsicosintesi’.
Quindi, guardare ‘tutto’ l’essere umano significa riconoscere quali e quante richieste di espressione lo abitano, istanze provenienti, spesso contemporaneamente, dai tre ambiti: bio-psico-spirituale.
Ecco, allora, la necessità di comporre gli inevitabili conflitti, la necessità di una sintesi che impedisca all’uomo di perdersi nel tentativo di “annullare uno dei termini in favore dell’altro” (R. Assagioli).
Apparentemente può sembrare che la pratica della psicosintesi sia come la costruzione di un puzzle: ogni tessera ha il suo valore, il suo posto, il suo ruolo nella definizione dell’immagine finale.
La Psicosintesi ci propone di sviluppare il centro unificatore presente in ognuno di noi.